E’ la foto di un’alba o di un tramonto? Questa che vedete è la foto del mio profilo Fb poiché rappresenta la mia disposizione d’animo da un paio d’anni. Si arriva ad un certo punto della vita che coincide nella somma delle tue esperienze con quella della tua età e allora si cambia, si ha un evento. E’ l’inizio della fine o di un principio? Io mi sono sempre immaginata la mia vita come una serie di somme di cerchi (il primo è solo un piccolo punto alla nascita) che si addizionano e si includono uno dopo l’altro; ma un cerchio non può racchiudere l’ultimo, e tutti i suoi precedenti, se prima non sia concluso il suo tragitto.
Io ho appena concluso un cerchio, l’ultimo che racchiude tutto quel che ho vissuto in questi ultimi sei anni di vita, sei anni densi di amore e dolore, ho provato tutte le emozioni più forti e le esperienze più importanti nella vita di un essere umano: l’esperienza della morte e della perdita, quella di amare incondizionatamente, quella del dolore causata da una malattia che sono riuscita a vincere. E ora si apre un altro cerchio. L’inizio e la fine coincidono, l’alba e il tramonto sono il circolo perfetto: nell’istante in cui il sole non c’è, è il tempo sospeso tra due mondi, il giorno e la notte. E’ il momento in cui ci troviamo quando qualcosa è finito nella nostra vita, sentiamo un vuoto. Ma è solo un vuoto su cui inizia il nuovo ciclo, un nuovo cerchio della vita. Un nuovo giro di giostra.
Hai sognato che ero d’altri.
Com’è semplice ora spiegarti che un sogno può restare disatteso
e a noi tocca l’appartenenza alla fine.
Sono venuta per questa pena che ti abbuia il viso
la via dello sguardo
dove la mia insicurezza è saldata alla tua
e tu smetti di dire e sognare
perché parlare crea mondi, piani non finiti
che noi non abitiamo.
Vedi, ho sognato che potevo essere d’altri
ma se c’è un tempo in questa vita
io l’ho misurato tutto sul tuo polso
al termine di una notte in cui in due
si è resa possibile l’alba in una stanza
Buttasti via il sigaro e
Allo stesso modo un bacio
Gli occhi oltre la mia spalla
Desideravano la partenza
Neanche un muto sguardo
Occhi dentro occhi
Per mitigare l’abbandono
Il treno partì per te solo
La destinazione non era nostra
Per noi nessuna Terra Promessa
Ferma sulla banchina
Guardavo crescere la distanza
Un punto dissolto all’orizzonte
Segnava la fine della tua presenza
Giugno 2015. Mi sono sempre piaciuti i borghi abbandonati. Un pomeriggio estivo, dopo aver trascorso la mattina al mare a Palinuro, convinsi Carunchio ad andare a San Severino di Centola. Non fu facile entrare nel paese perché interamente barricato a causa di un roccione pericolante. Riuscimmo nell’intento e iniziammo a girare per i vicoli e le case abbandonate. Era quasi il tramonto e la vista spettacolare. Non c’era nessuno e nel silenzio si sentivano solo le nostre voci e i nostri passi sulle rocce. Ero un pò stanca e allora mi sedetti su una roccia molto alta e sporgente. Lui si avvicinò e iniziò ad abbracciarmi e baciarmi. La calma del luogo ci dispose in una condizione di assoluta libertà per cui io cedetti e mi riversai all’indietro sulla roccia con le braccia aperte verso il cielo. Era il paradiso, un uomo e una donna immersi nella natura, non c’era nessun’altro al mondo al di fuori di noi due.
E invece. Nel meglio delle nostre prestazioni sentimmo all’improvviso delle voci in lontanza. Per fortuna ero in costume da bagno quindi velocemente mi ricomposi e ci rialzammo.
Erano dei turisti stranieri, mamma papà e due bambini, si avvicinarono e cortesemente ci chiesero delle spiegazioni sul luogo e i percorsi da fare. Risposi a tutto gentilmente e ognuno poi continuò per conto suo. Chissà se ci avevano visti da lontano, penso di no altrimenti avrebbero cambiato strada per non disturbarci, per me è sempre un peccato profanare i giochi e i sogni degli amanti. Il nostro abbraccio era davvero incantevole in quel contesto, non c’era indecenza, eravamo l’erba e i sassi, la vita che al tramonto usciva di nascosto dalle mure delle case per respirare libera.
Questo è l’ultimo ricordo, nel senso che non ne scriverò degli altri. Li ho tutti in bozze ma resteranno lì. Avevo bisogno di parlare, raccontare, il tempo stava passando e di tutta questa storia restavano solo i ricordi, ma ancora per poco. Era una lotta contro il tempo e la vita, dovevo accettare la perdita, lasciare andar via i ricordi e accettare l’idea che quella persona non ci sarebbe più stata in futuro, che sarebbe diventata solo un pensiero privo del carico emotivo. Il dolore è passato, consumato, lascio andare quello che resta. Chiudo con questa citazione:
Raccolgo qui una serie di componimenti scritti negli ultimi due anni. Li ho chiamati versi diversi perché non sono poesie in metrica, sono pensieri legati ad impressioni personali, ricordi, momenti, immagini, tutti legati ad un periodo e a una storia vissuta.
FIORI
Non vedrai più il mio viso
Vivo nel riflesso del tuo specchio
Impossibile e consumata sorte
Ora
L’uno innanzi
All’altro tace
Gli occhi aperti
Cedono per il peso
Dei ricordi
Il viso è già memoria
Ed ogni fiore
Che ad occhi chiusi
Brilla al sole di un campo estivo
Giace con gli altri
Su uno schermo bianco
Legati e inesistenti
Ma è il mio viso
Sotto i nostri occhi
FILI DI PERLE
Fili di perle
Formano i pensieri
Impetuosi sfilano
Ai tuoi piedi
Vetro in cocci raccogli
Chiusi nelle mani
Non feriscono
Neve candida distoglie
Il tuo fuoco rivolgi altrove
Altro ignoto da conquistare
Il mio canto segua
Il tuo cammino, propizi
L’alba, il tepore del
Risveglio, un solo raggio
Raggiunga il tuo giaciglio
Con perle e sangue
Aprirai gli occhi
Al nuovo giorno
AGAVE (11.08.15)
Piove a dirotto
Pioggia nel pineto
Il suo cuore è un alieno
Curioso degli esseri umani
E di quello che provano
Fiore giallo contro il cielo
Nero, riparo trova
Ascosto sotto l’escarena
In agosto, compagno ignaro
Braccia e mani al suo ristoro
Corolle apre all’aere
Assaggia resina e sale
Disseta lo sguardo che docile
Assale ogni goccia che bussa
Piangendo alla sua porta
Sabbia e acqua alle radici
Silenzio e ombra alle sue spalle
Vita estranea non si sente
Tende baci a chi è vicino
Il suo profumo asperso assorbe
Piange il temporale
Pianto nel mare
Il suo cuore è fiorito
Nella pioggia del pineto
Salta e canta ogni goccia
Le ore eterne del suo amore
NUOVA VITA
Dalla luce il mio colore
Danzano in petto
Onde leggere
Sorge nuova vita
In ogni battito
Nuove costellazioni
Emergono dall’oscurità
Nel mio profondo L’immagine è un difetto Ma il mio esserci
È a un passo dal mio nome
Tutti gli anni
Destinati all’oblio del ricordo
Si accendono
Mi purificano
Come una fiamma
Al leggero soffio del vento
TU SEI MIA
‘Tu sei mia’, e io non sono
Non sono braccia che si stringono
Non sono scacco matto al tuo perdono
Io sono occhi chiusi che mi cercano
Rabbia in petto che ti scuote
Uccello in volo da ammazzare
Sono tua e non ci sono
Tua lontana dal tuo harem
Tua distante dal tuo cuore
ALLA FINE
Nella nascita del corpo L’innocenza è svelata Intera è donata
Ogni volta
Alla fine
Alle tue mani
Che la racchiude
Con gioia di conquista
Ogni tua parola
La mia mente soffoca
Anche i baci sono avidi
Del respiro
Che l’animo necessita
Non ho sete di piacere
E non so cosa sia l’amore
Ma nella tempesta
Che travolge il corpo e le parole
Trovo riparo
Alla fine
Nel silenzio
Chiudendo gli occhi sul tuo collo
IL SILENZIO E L’AMORE
Sorrido muta
Al tuo candore
Nel credere
Che arriverà l’Amore
E non saper ascoltare
Il tempo
Maturo
Il vivere
Nel mio cammino
Riconoscere
Il nodo forte
Che ci lega
A cui non sai dare
Un nome
IL MARE A DICEMBRE (25.12.14)
Baci sopra i sassi
Diamanti nelle mani
Incosciente amore
Brucia sulle sponde
Dà fuoco al suo domani
Inutile ultimo dono
Nella notte di Natale
Me stessa al mare
Sereno e limpido
Testimone e altare
SALUTO ALLA GIOVINEZZA
Vento, cammini dal mare
Col canto tuo silenzioso
Nella mente apri spazi
Limpidi sgombri di nuvole
Col tempo, leggero, smuovi le dune
Sgretoli curve del corpo
Erodi i solchi alle mani
Fiume d’assenzio trascini
Lacrime dal delta di rughe
Degli occhi fino alle punte dei crini
Pupille stanche
Socchiudi, finita l’estate
Saluto la mia giovinezza
Felice
«Per cui, non farti perdonare».
Mai che mi fosse accaduto considerarti
Un progetto, ma un suono di qualche buona tecnica.
Non c’è tuttavia rimedio al voler essere
A tutti i costi; a quest’ora, se hai bisogno, trovi
Qualche pezzo di ciabatta e le immagini
Della sera delle scelte.
È tardi – era davvero presto – per
Commettere ancora qualche grosso sbaglio.
Il tempo di riordinare la posa
O di chiarire gli spasmi; ma le chiavi
Non erano già più,
Non erano più gli anni,
Gli attimi, le vigorose alleanze del vivere.
Inventerei,
per ricominciare dove
La disillusione pesava.
Screpolato il ventre – ma non è poi
Così male essere e basta – le parole
Non frugano più. Nell’adagio tutto
Può schiudersi in un’annoiata bugia
O in un pianto che voleva stare da solo
Nell’umido che sempre salva.
Guarda che sei libero, verrà un ladro
E vorrà rubarti perché non potrà mai capire.
Essere le immagini della sera
Delle scelte, delle rivolte mature,
essere tutte le mie volte; al di qua
della tua mano la riva da cui le buone
proposte ripresentano le mancanze
e credono di essere cambiate.
Non è vero niente.
Nel dialogo fra le due persone, Lei dice: L’amore non è bello se non lo fai con me, allora che ti meravigli?
Questa frase è il ritornello della canzone di Gianna Nannini che si chiama ” Io” , come viene detto appunto nel dialogo, che vi invito ad ascoltare:
Io che non ho capito niente Tu che non mi basti mai E mi dai tutto
Io che non so fermare il tempo Tu che non mi vedi mai E sono dappertutto
Scendi dal mio letto scendi Scendi dal mio letto scendi
L’amore è bello solo se lo fai con me Allora che ti meravigli ?
Come l’estate piena di luce Tornera’ la nostra storia Ora e per sempre senza grida Come un bacio Come la pioggia il sentimento Spegnera’ la nostra rabbia Solo una goccia Sopra il viso Poi ancora il sole
Io che non so Lasciarti e vivere Tu che non mi ascolti mai E parli a vanvera
Tu che accendi e pieghi il desiderio Si ! decidi solo tu Mi fai passar la voglia
Scendi dal mio letto scendi Scendi dal mio letto scendi
L’amore è bello solo se lo fai con me Allora che ti meravigli ?
Come l’estate piena di luce Tornera’ la nostra storia Ora e per sempre senza grida Come un bacio
Come la pioggia il sentimento Spegnera’ la nostra rabbia Solo una goccia Sopra il viso Poi ancora il sole
L’altro elemento trascurato è la foto che ho messo in chiusura dell’articolo. In quella foto ci sono due persone, un uomo e una donna, seduti uno di fronte all’altro mentre si guardano. La donna è l’artista Marina Abramovic e la foto la ritrae in una performance artistica diventata famosissima. Il senso di quello che vedrete nel video va anticipato da una breve presentazione dei due protagonisti. Dopo una relazione sentimentale e artistica durata dodici anni, tra il 1976 e il 1989, Marina Abramovic e Frank Uwe Laysiepen (Ulay), crearono la loro ultima performance, The Lovers, nella quale partirono a piedi dai due estremi opposti della Muraglia Cinese (Ulay dal deserto del Gobi e Abramovic dal Mar Giallo) per incontrarsi a metà strada dopo novanta giorni e dirsi addio. Ciascuno aveva camminato per 2500 km. Da allora, Ulay e Abramovic non hanno mai più lavorato insieme.
Nel 2010, durante l’importante retrospettiva dedicata a Marina Abramovic al MoMa (Moderne Museum of Art di New York ), dal titolo The Artist is Present, l’artista è rimasta seduta immobile su una sedia per sette ore ogni giorno, per tutta la durata della retrospettiva, cioè dal 14 marzo al 31 maggio, guardando negli occhi senza parlare chiunque volesse sedersi davanti a lei. Il primo giorno, fra l’alternarsi delle persone (ognuna con gli occhi fissi in quelli dell’artista), senza preavviso Ulay si è seduto davanti a lei, come uno dei tanti spettatori. Ecco cosa è successo:
Un minuto lungo un’eternità, in silenzio, e il passaggio nei loro occhi di tutto quello che è impossibile da dire ( lost in translation ). Poi Marina Abramovic si sporge sul tavolo che li separa, allunga le mani e prende quelle di Frank Ulay.
Nel video emerge la loro passione intatta nonostante il tempo e la separazione. Attualmente tra i due è in corso una disputa giudiziaria: Ulay chiede soldi alla Abramovic, un risarcimento dei diritti per la realizzazione di molte delle opere senza la sua firma. Si potrebbe pensare di conseguenza che quello che è accaduto al MoMa sia stata una finzione, ma non è così: il lavoro e la sfera affettiva sono due mondi separati (e nel loro caso è stato uno dei motivi della separazione). Il loro amore è finito e quel minuto resterà uno dei ricordi più intensi, la testimonianza di come un sentimento vero e forte non si esaurisce con la fine di un rapporto, resta in noi, è nel nostro fiume sotterraneo, leggi in proposito https://danielamargherita.wordpress.com/2016/12/19/stop-by-this-river/ )
Capita in modo naturale: mi ritrovo con gli occhi chiusi e le immagini di momenti vissuti che scorrono, e allora sorrido, senza rendermene conto. Col tempo sono tutti belli i ricordi degli amori vissuti, ogni istante, anche le amarezze e le delusioni.
Non sono capace di risentimento e se ho sofferto penso sempre sia stata una mia scelta. I miei sentimenti sono come un fiume, non finiscono e continuano il loro corso scorrendo sotterranei, fino ad ora mai sfociati in un mare, immenso, capace di accoglierli, raramente diventano un affetto che si stempera nell’ amicizia. Per ora sono ferma qui, by this river.
Stop by this river (Brian Eno)
Siamo qui/ ipnotizzati da questo fiume/ tu ed io/ sotto un cielo che continua a cadere giù/ attraverso il giorno/ come se fossimo in un oceano/ aspettiamo qui/ senza ricordare perche siamo venuti/ Mi domando perché siamo venuti/ Tu mi parli/ come da una grande distanza/ Ed io rispondo/ con sensazioni/ prese da un altro/ un altro tempo.
“Non vedi piú il tuo insieme?
L’inizio è dimenticato,
il centro mai posseduto,
e la fine fatica a venire”
Gottfried Benn ( ringrazio Tittideluca di Poesia in rete che mi ha fatto conoscere questo poeta)
ΟYΤΩΣ AΤΑΛΑIΠΩΡΟΣ ΤΟIΣ ΠΟΛΛΟIΣ H ΖHΤΗΣΙΣ ΤHΣ AΛΗΘΕIΑΣ, ΚΑI EΠI ΤA EΤΟIΜΑ ΜAΛΛΟΝ ΤΡEΠΟΝΤΑΙ. «Così poco faticosa è per i più la ricerca della verità e molti si volgono volentieri verso ciò che è più a portata di mano». (Thuc. I 20, 3)
"A volte di coppie non si può parlare, ma d'amore sì, altre volte di coppie sì, ma non d'amore, ed è il caso più ordinario", p. 1386, R. Musil, 'L'uomo senza qualità'